
Il Simposio propone una rilettura dell’Aiace di Sofocle come testo emblematico per una riflessione a più voci sul silenzio e sull’ascolto nel pensiero contemporaneo.
Nella tragedia di Sofocle il silenzio di Aiace non rappresenta una semplice sospensione linguistica, ma il passaggio dalla parola sociale alla parola interiore. È un gesto di discontinuità che custodisce una forza conoscitiva inaccessibile al livello discorsivo. Parallelamente, la tragedia evidenzia la crisi dell’ascolto, perchè la polis non è più in grado di accogliere la parola ferita dell’eroe, né di riconoscere l’enigma della sua interiorità. L’ascolto fallisce perché resta confinato nella dimensione interpretativa, invece di diventare ospitalità dell’altro.
In questa frattura - tra silenzio e parola, individuo e comunità, interiorità e giudizio - si apre il campo di indagine dell’Archeologia Poetica, impegnata a restituire profondità alla relazione umana attraverso la riattivazione dei linguaggi originari del mito, della ritualità e della memoria arcaica.
A partire dall’Aiace, questo contributo si interroga su due questioni cruciali: il silenzio e i suoi molteplici mondi, può essere oggi come spazio di conoscenza, oppure è da intendersi come una colpevole omissione? E l’ascolto, può essere pensato come una pratica etica, come forma di responsabilità verso l’altro?
Queste domande nascono dall’urgenza di rispondere alla crisi simbolica del nostro tempo, in cui – secondo molti – la parola si è logorata sotto il peso del consumismo comunicativo. Il frastuono del presente, fatto di rumore informativo e retorica performativa, ha finito per compromettere la possibilità stessa dell’incontro e della risonanza interiore
La prospettiva interdisciplinare qui adottata, al crocevia tra filosofia, antropologia del sacro, psicologia del profondo, studi classici e poetica del rito, mira ad aprire il dibattito sulla possibilità di un nuovo paradigma culturale: una civiltà dell’ascolto, capace di restituire qualità all’esperienza umana. Non un ritorno nostalgico, ma un gesto creativo che si misuri criticamente con la condizione contemporanea.